Leggere i fatti che accadono in questi giorni nel Paese basco è come guardare una sorta di orologio dalle lancette schizofreniche. Il momento è particolarmente denso di avvenimenti e di contenuti.
I fatti aiutano a capire, la sequenza temporale è un fattore determinate per riuscire a leggere la cronaca politica e sociale.
La sinistra basca ha presentato ad Alsasua e a Venezia, era il 14 novembre 2009, una proposta di pace in cui si compromette a seguire un processo democratico per un negoziato che avvenga senza ingerenze esterne violente. Tradotto significa senza attentati e senza repressione selvaggia sugli arrestati, che spesso hanno denunciato torture nei commissariati della guardia civil.
La poposta politica è stata resa ancora più forte dalla scelta di campo della base della sinistra basca, che dopo due anni di consultazioni ha emesso nello scorso febbraio un documento, in cui la linea del negoziato senza violenza - includendo i fondamentali principi del senatore Mitchell che furono lo snodo principale per i colloqui di Stormont - diviene la caratteristica principale. Un negoziato che riprenda la teoria dei due tavoli separati disegnati ad Anoeta, base dell'ultimo processo negoziale. Un tavolo fra agenti politici e sociali baschi e un tavolo 'militare' fra Stato spagnolo ed Eta.
Eta, dal canto suo, in un comunicato firmato il 31 di dicembre faceva sua la proposta della sinistra basca e il contenuto e la sintassi utilizzata lasciano intravedere la possibilità che una porta, più che uno spiraglio, si aprirà nel prossimo futuro. E in questo percorso si inseriscono le previsioni di particolare importanza espresse dal mediatore internazionale Brian Currin, che, in un incontro a Madrid una settimana fa, ha ipotizzato una strada particolarmente suggestiva: quella di agenti internazionali pronti ad accorrere all'apertura di un possibile nuovo negoziato. Ma c'è di più: Currin ha anche detto che potrebbe configurarsi una situazione in cui vi siano uno o più organismi internazionali pronti a lavorare come supervisori degli arsenali e a fornire la certificazione di una eventuale dichiarazione di cessate il fuoco da parte di Eta.
Il governo spagnolo, per ora, non ha risposto direttamente alle nuove sollecitazioni. Perlomeno in via politica. Ha risposto invece l'accelerazione del ministero dell'interno e delle forze di sicurezza spagnole, insieme a quelle francesi, sull'aspetto repressivo: sia con gli arresti - di qualità, asseriscono - di miltianti o presunti tali di Eta, sia con le detenzioni di cittadini baschi che hanno denunciato ancora una volta torture fisiche e psicologiche.
Il partito nazionalista basco, che un anno fa è rimasto clamorosamente escluso dal governo delle provincie basche finendo all'opposizione, ha lanciato sul tavolo una proposta politica che rienstra in quella cghe sarebbe una ruiforma dell'attuale Statuto di autonomia. Ma è un fatto significativo che il presidente del partito democristiano abbia dichiarato che pare di assistere a una dinamica in automatico: ogni volta che la sinistra basca parla, scattano gli arresti.
Ecco perchè le lancette divaricano: perchè da una parte la parola pace si sta costruendo ancora una volta e con passi ponderati in una alternativa davvero credibile e nuova e perché, dall'altra parte, a Madrid si continua a navigare verso rotte opposte. Tenendo in debito conto che la destra sta superando nei sondaggi i socialisti al governo e che Zapatero ha numerosi problemi sul fronte economici, sociale, occupazionale e finanziario.
L'ultimo fattore, fondamentale per arrivare a coinvolgere tutta l'opinione pubblica, è quello dell'informazione che resta assai parziale: alle proposte di pace non vengono dedicate le attenzioni oggettivamente dovute, mentre gli arresti dell'ennesimo numero Uno e compagnia vengono titolate a caratteri cubitali sulla stampa spagnola. Eppure, nonostante lo strabismo che impongono le lancette dell'orologio schizofrenico, una situazione tale non può non subire una svolta nel breve-medio periodo. Specie se le previsioni del mediatore internazionale Currin si avvereranno.
E' stato lui stesso a ricordarlo, citando l'esempio sudafricano, in cui fu uno dei protagonisti: proprio il momento peggiore, in cui repressione e mancanza di speranza raggiunsero i livelli più acuti, fu l'anticamera della soluzione. Non resta che sperare che davvero, anche questa volta, l'ingranaggio inizi a funzionare.
Le ultime notizie, però, non vanno in quella direzione: la condanna di Arnaldo otegi a due anni di reclusione e sedici di inabilitazione politica totale per apologia di terrorismo, dicono una cosa chiara, al di là della pena detentiva. Che l'asse politica-magistratura in Spagna non si fa nemmeno scrupoli tattici nell'eliminare per sentenza il principale intelrocutore di un nuovo possibile negoziato. Quello che nel 2006 Zapatero definiva 'un uomo di pace', oggi viene cancellato in quello che alcuni giornali chiamano un 'ergastolo politico'.
Angelo Miotto