23/06/2005versione stampabilestampainvia paginainvia



Una legge dello Stato consente di vendere pistole e fucili a Paesi che violano i diritti umani
Forze speciali algerineL'Italia, secondo produttore mondiale di armi piccole e leggere, ha esportato dal '99 al 2003 armi leggere per un miliardo e mezzo di euro. Spesso tale esportazione è avvenuta in contrasto con la legislazione nazionale (la legge 185/90), che vieta la vendita di armi a Paesi con particolari situazioni politiche. Come è potuto avvenire? Facciamo un passo indietro. Il 3 novembre del 2004 il sottosegretario agli Affari esteri Luigi Mantica dava la seguente risposta scritta ad un'interrogazione parlamentare sulla vendita di armi all'Algeria: "L'Algeria non è stata condannata da organismi della Ue o dell'Onu che sanzionano le violazioni dei diritti umani, perciò le proibizioni della legge 185/90 sul commercio di armamenti non si applicano". Il rapporto annuale 2005 di Amnesty International sulla tortura riporta invece che l'uccisione di 500 persone (in prevalenza membri del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento) nel 2004 è avvenuta in un generale clima di violazione di diritti umani. Analoga condanna contro la mano pesante del governo algerino e delle sue forze speciali è stata espressa da Amnesty per i massacri di 100 manifestanti disarmati, avvenuti nella regione nord-occidentale di Kabylia, nel 2001 e nel 2002. Allo Special rapporteur sulla tortura, al Gruppo di lavoro sulle sparizioni, allo Special rapporteur sulle esecuzioni sommarie, tutti organismi delle Nazioni Unite, non è mai stato consentito l'accesso nel Paese. Nel 2003 l'Italia ha venduto ad Algeri armi per 600mila dollari.

Armi leggereIl pericolo delle 'armi ad uso civile'. Ma se le dichiarazioni di Mantica contrastano con la reale situazione di un Paese tutt'altro che indenne da condanne internazionali, all'Italia è comunque consentito commerciare armamenti verso un novero di Stati che certo non brillano per attitudini democratiche: Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Malesia, Cina, Pakistan, India. E' una legge dello Stato a consentirglielo. La 186/90 vieta l'esportazione e il transito di armamenti verso: Paesi in stato di conflitto; Paesi oggetto di embargo da parte di Onu o Ue; Paesi responsabili di gravi violazioni delle Convenzioni internazionali sui diritti umani; Paesi che, ricevendo aiuti dall'Italia, destinano al bilancio militare risorse eccedenti le proprie esigenze di difesa. Ma la legge contiene una scappatoia, ed è la possibilità di vendere tutte quelle armi definite non-militari, ovvero armi "ad uso civile". Solo un ristretto numero di armi leggere - fucili e mitragliatori automatici costruiti espressamente per usi militari - sono infatti classificate come "armi militari". Circa il 33 per cento delle armi e delle munizioni esportate dal nostro Paese ricade al di fuori di questa categoria. Sono fucili e pistole manuali o semi-automatiche concepite per la caccia, lo sport o la difesa personale. Ma spesso utilizzate per tutt'altro scopo.

Poliziotti brasilianiIl caso brasiliano. Un rapporto presentato tre giorni fa da Amnesty International, l'organizzazione umanitaria inglese Oxfam e Iansa (International action network on small arms) nell'ambito della campagna 'Controlarms' mostra come le esportazioni di queste armi alimentino nei Paesi di destinazione la povertà e gli abusi dei diritti umani, e come i Paesi membri del G8 (che insieme sono responsabili per oltre l'80% del commercio bellico mondiale!) stiano seriamente compromettendo il proprio impegno in favore della stabilizzazione dei Paesi destinatari, dove centinaia di migliaia di persone sono uccise, torturate, violentate e sfollate proprio in conseguenza dell'abuso delle armi. Uno degli esempi del rapporto riguarda ancora l'Italia e le sue pistole. La Beretta è una tra le pistole più frequentemente sequestrate dalla polizia brasiliana, in un Paese dove l'8 per cento delle morti è addebitabile alle armi da fuoco. Tra il '99 e il 2003 l'Italia ha esportato in Brasile armi e munizioni per 10 milioni di dollari. Negli ultimi 10 anni, 300mila persone sono morte in casi di violenza urbana e come risultato della proliferazione di armi leggere, responsabili del 63 per cento di tutti gli omicidi brasiliani.

Campagna per il disarmoUn trattato vincolante per tutti. Oggi e domani, a Gleneagle, in Scozia, i ministri degli Esteri del G8 si incontrano per discutere la proposta di un Trattato sul commercio delle armi che sia legalmente vincolante per tutti i Paesi sottoscrittori. Col sostegno di 20 premi Nobel per la pace, Amnesty, Oxfam e Iansa hanno intanto lanciato la campagna "Control Arms", alla quale si può aderire letteralmente "mettendoci la faccia", come recita lo slogan dell'iniziativa. Si può dire no al commercio di armi inviando la foto del proprio volto. L'obiettivo è quello di raccogliere 1 milione di volti entro il 2006 come messaggio forte di supporto alla campagna. Tutte le informazioni sono disponibili ai siti www.disarmo.org e www.amnesty.it.

Luca Galassi

creditschi siamoscrivicicollaborasostienicipubblicità