Il pericolo delle 'armi ad uso civile'. Ma se le dichiarazioni di Mantica contrastano con la reale situazione di un
Paese tutt'altro che indenne da condanne internazionali, all'Italia è comunque
consentito commerciare armamenti verso un novero di Stati che certo non brillano
per attitudini democratiche: Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Malesia,
Cina, Pakistan, India. E' una legge dello Stato a consentirglielo. La 186/90 vieta
l'esportazione e il transito di armamenti verso: Paesi in stato di conflitto;
Paesi oggetto di embargo da parte di Onu o Ue; Paesi responsabili di gravi violazioni
delle Convenzioni internazionali sui diritti umani; Paesi che, ricevendo aiuti
dall'Italia, destinano al bilancio militare risorse eccedenti le proprie esigenze
di difesa. Ma la legge contiene una scappatoia, ed è la possibilità di vendere
tutte quelle armi definite non-militari, ovvero armi "ad uso civile". Solo un
ristretto numero di armi leggere - fucili e mitragliatori automatici costruiti
espressamente per usi militari - sono infatti classificate come "armi militari".
Circa il 33 per cento delle armi e delle munizioni esportate dal nostro Paese
ricade al di fuori di questa categoria. Sono fucili e pistole manuali o semi-automatiche
concepite per la caccia, lo sport o la difesa personale. Ma spesso utilizzate
per tutt'altro scopo.
Il caso brasiliano. Un rapporto presentato tre giorni fa da Amnesty International, l'organizzazione
umanitaria inglese Oxfam e Iansa (International action network on small arms) nell'ambito
della campagna 'Controlarms' mostra come le esportazioni di queste armi alimentino
nei Paesi di destinazione la povertà e gli abusi dei diritti umani, e come i Paesi
membri del G8 (che insieme sono responsabili per oltre l'80% del commercio bellico
mondiale!) stiano seriamente compromettendo il proprio impegno in favore della
stabilizzazione dei Paesi destinatari, dove centinaia di migliaia di persone sono
uccise, torturate, violentate e sfollate proprio in conseguenza dell'abuso delle
armi. Uno degli esempi del rapporto riguarda ancora l'Italia e le sue pistole.
La Beretta è una tra le pistole più frequentemente sequestrate dalla polizia brasiliana,
in un Paese dove l'8 per cento delle morti è addebitabile alle armi da fuoco.
Tra il '99 e il 2003 l'Italia ha esportato in Brasile armi e munizioni per 10
milioni di dollari. Negli ultimi 10 anni, 300mila persone sono morte in casi di
violenza urbana e come risultato della proliferazione di armi leggere, responsabili
del 63 per cento di tutti gli omicidi brasiliani.
Un trattato vincolante per tutti. Oggi e domani, a Gleneagle, in Scozia, i ministri degli Esteri del G8 si incontrano
per discutere la proposta di un Trattato sul commercio delle armi che sia legalmente
vincolante per tutti i Paesi sottoscrittori. Col sostegno di 20 premi Nobel per
la pace, Amnesty, Oxfam e Iansa hanno intanto lanciato la campagna "Control Arms",
alla quale si può aderire letteralmente "mettendoci la faccia", come recita lo
slogan dell'iniziativa. Si può dire no al commercio di armi inviando la foto del
proprio volto. L'obiettivo è quello di raccogliere 1 milione di volti entro il
2006 come messaggio forte di supporto alla campagna. Tutte le informazioni sono
disponibili ai siti www.disarmo.org e www.amnesty.it.
Luca Galassi