14/09/2006versione stampabilestampainvia paginainvia



Pechino colpisce i media con un'ondata di restrizioni
Tempi duri per i media in Cina. Ieri Pechino ha annunciato nuovi controlli delle comunicazioni fra funzionari dei tribunali e giornalisti. Secondo l’agenzia di Stato Xinhua, diversi “portavoce speciali” dovranno ora rilasciare le informazioni ai reporter e qualsiasi fuga di notizie verrà sanzionata. Il presidente della Corte Suprema del Popolo, Xiao Yang, ha detto che 65 funzionari sono già stati designati.
Il vice di Yang, Cao Jianming, ha aggiunto che casi giudiziari riguardanti stranieri, sicurezza nazionale, gruppi etnici, religione e altri “temi sensibili” devono essere esaminati prima che i media vengano informati. Ottenere informazioni sulla nebulosa giustizia cinese, quindi, da adesso sarà ancora più difficile.
  Edicola cinese
Le restrizioni alle agenzie straniere. I nuovi limiti alla libertà di stampa arrivano solo pochi giorni dopo l’ordine imposto alle agenzie straniere operanti in Cina di far filtrare tutti i loro testi e le foto attraverso la Xinhua. Il provvedimento, annunciato il 10 settembre scorso, riguarda l’informazione diffusa nella Repubblica Popolare, ma anche a Hong Kong, Macao e Taiwan. E’ stato soppresso, inoltre, il permesso concesso nel 1996 alle agenzie straniere di vendere notizie ai media cinesi.
Secondo Reporter senza frontiere (Rsf), la Xinhua così “s’impone come un predatore della libertà d’impresa e di informazione”.
La nuova normativa, composta da 22 articoli, impedisce – come si legge sul sito della Xinhua - la diffusione di notizie contrarie alla Costituzione o a ogni altra legge cinese, che mettono in pericolo l’unità nazionale, la sovranità, l’integrità territoriale, la sicurezza nazionale, la reputazione e gli interessi della Cina e che violano la politica cinese sulle religioni o promuovono le sette e la superstizione. E’ anche proibito minacciare l’ordine sociale ed economico, o le tradizioni culturali del Paese. Potranno essere punite, infine, la propagazione di oscenità e la diffamazione.
Ovvio lo sconcerto di tutti i gruppi che lottano per la libertà di stampa, come appunto Rsf, il Committee to Protect Journalists e Human Rights Watch. Anche il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, ha criticato la normativa in vista del summit sui diritti umani tra l’UE e Pechino previsto per ottobre.
 
Vittime della censura. Decine di giornalisti, studenti e cibernauti sono tuttora in carcere per aver divulgato informazioni considerate “segreto di Stato”. Nelle ultime settimane tre celebri personaggi, il corrispondente del quotidiano di Singapore “Straits Times” Ching Cheong, il ricercatore del New York Times Zhao Yan e l’attivista Chen Guangcheng, sono stati giudicati e condannati per diversi crimini. Ma le informazioni sui loro processi a porte chiuse sono venute solo dai parenti degli imputati, dagli avvocati e da funzionari anonimi.
 

Francesca Lancini

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