Anche in Cina sta per arrivare il diritto alla salute. Dal prossimo settembre
al 2010 il governo di Pechino metterà in cantiere una serie di riforme, leggi
e programmi per garantire a tutti i cittadini una copertura sanitaria di base.
Lo ha annunciato il premier Wen Jiabao a poche settimane dal 17esimo congresso
del Partito comunista cinese.
Il nuovo sistema sanitario. Il principio su cui si fonda il nuovo corso della sanità pubblica cinese è semplice:
ogni cittadino ha diritto alle cure mediche, senza distinzione di reddito, residenza
e provenienza. Lo stato provvederà ad assicurare una base gratuita di servizi
negli ospedali e nei centri di primo soccorso, potenzierà l'intervento nelle zone
rurali e tenterà di abbattere il dislivello con l'assistenza offerta ai cittadini
stranieri. A settembre parte il primo progetto pilota, che arriverà in 79 città
della Cina, tra cui tutte le capitale delle province. Il piano, sostanzialmente,
è quello di sovvertire l'ordinamento imposto dalla riforma precedente, nel 1994.
Ritorneranno quindi i medici nelle zone rurali, i farmaci saranno venduti a un
prezzo accessibile e verrà potenziato l'apparato ospedaliero anche al di fuori
delle zone urbane, per garantire un trattamento sanitario anche a quegli 800 milioni
di cinesi che non hanno seguito l'ondata della fuga in città. Il progetto pilota
verrà studiato per decidere quali migliorie apportare, poi il modello verrà diffuso
in modo capillare in tutta la Cina. E, entro il 2010, tutti gli abitanti della
Repubblica Popolare avranno una copertura sanitaria, anche se non si è ancora
parlato di chi effettuerà i controlli di qualità e con quali standard.
I problemi del sistema precedente. Dopo due anni di dibattito, Wen Jiabao è giunto alla conclusione che era necessario
fare marcia indietro rispetto al 1994. Tra i dati analizzati c'è anche un rapporto
del Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che condanna la politica sanitaria
del suo Paese: dei 191 Paesi membri, la Cina si colloca in fondo alla lista a
causa della corruzione (Zheng Xiaoyu, ex responsabile nazionale per la Sanità,
è stato condannato a morte per una mazzetta da 790.000 dollari), e l'inadeguatezza
dell'intervento statale. Gli investimenti per le spese mediche del governo di
Pechino sono solo il 2 percento del totale mondiale e devono coprire 1,3 miliardi
di persone, il 22 percento degli abitanti della Terra. Di questa cifra, l'80 percento
è riservato ai funzionari del governo, appena 8,5 milioni. La metà della popolazione
cinese, invece, ha dichiarato di non aver mai visto un medico perché non ha i
soldi per il consulto. Rispetto al 1980, quando l'apparato statale finanziava
in parte la sanità, il 37 percento dei cittadini aveva un'assicurazione, dato
che è sceso al di sotto della metà (15 percento) nel 2000. Il governo aveva negato
le carenze, vantando di aver costruito nuovi ospedali. Solo nelle città, però,
caricando chi vive nelle campagne dell'ulteriore costo del trasporto e dell'alloggio
per una semplice visita medica. Ecco chi sono le vere vittime della riforma del
1994, gli abitanti delle aree rurali.
La riforma del 1994. In una notte quasi la metà della popolazione cinese si è trovata senza nessuna
possibilità di operarsi, farsi diagnosticare una malattia o prescrivere farmaci.
Né tanto meno di comprarli. Sono scomparse le cooperative sanitarie in cui, pagando
uno yuan, ci si assicurava una copertura sanitaria di base. Tutti i medici che
lavoravano nelle strutture decentrate, soprattutto nelle campagne, hanno perso
il lavoro. Lo stato ha ritirato il fondo con cui sovvenzionava le medicine e i
prezzi sono cresciuti del 15 percento. Se un cinese, nel 1980, spendeva 11 yuan
(1,35 dollari) all'anno per un'assicurazione medica, nel 2000 il suo investimento,
se aveva i soldi per farlo, è arrivato a quota 50 dollari mentre il ministero
dell'Economia ha ampliato gli investimenti del settore di due punti, dal 3 al
5 percento del Pil. Dal 1994, infatti, Pechino ha demandato ai governatori delle
province di occuparsi del sistema sanitario, tagliando le sovvenzioni e aprendo
alle compagnie assicurative private. "Un disastro", come hanno detto più tardi
anche alcuni ufficiali del governo. Le autorità locali non hanno fondi, non esiste
un piano di coordinamento a livello nazionale. A rimetterci, di nuovo, quegli
800 milioni di abitanti delle campagne e i disoccupati, che non possono certo
firmare un contratto con un'assicurazione e hanno speso tutti i loro risparmi
per le urgenze mediche. Per i funzionari del governo e gli stranieri, invece,
non è cambiato nulla: ai primi l'assistenza gratuita, agli altri l'assistenza
del loro Paese.
Per arginare la deriva del sistema, Pechino nel 1998 ha obbligato tutti i lavoratori
a versare per la sanità il 10 percento del loro stipendio, ma a molti non avanzava
nulla, e comunque non potevano garantire che ci fossero medici disponibili. Nel
2003 il Dipartimento di Scienze mediche dell'università di Harvard, negli Usa,
si è offerto di finanziare una revisione del sistema al collasso e redigere un
piano per la prevenzione, le assicurazioni e l'assistenza primaria. Ma Jiabao
ha deciso di fare da sé, e ha tempo fino al 2010 per dimostrare che, grazie alla
sua riforma, un sesto della popolazione mondiale ha acquisito il diritto alla
salute.