15/02/2008versione stampabilestampainvia paginainvia



In Tanzania, molte specie protette sono cacciate per nutrire i profughi
scritto per noi da
Federico Frigerio
 
Scende la notte in Tanzania, la nazione africana che ospita più rifugiati. Nei campi profughi di Kagera e di Kigoma ha inizio il commercio dei night time spinaches, gli spinaci notturni. Così viene chiamata la carne di specie protette quali zebre, antilopi, scimpanzé e bufali. Gruppi di uomini armati danno inizio a battute di caccia nei vicini parchi naturali, durante il giorno meta di turisti occidentali.

Profughi nel campo di KigomaMa di notte, gli stomaci vuoti dei profughi non si pongono questioni animaliste e pensano solo ad evitare la propria estinzione: con una rete e con un po’ di fortuna si possono catturare anche dieci babbuini. Il bottino viene trasportato all’interno del campo per essere cucinato e successivamente venduto ai numerosi clienti. Questa la sconcertante verità rivelata in un rapporto della Traffic, organizzazione di monitoraggio degli animali selvatici legata al Wwf: la mancanza di proteine animali all’interno delle razioni spinge i rifugiati a procacciarsi direttamente la carne.

Da quando ha ottenuto l’indipendenza, nel 1961, la Tanzania ha accolto i rifugiati di molte guerre africane, situazione che dalla metà degli anni '90 ha subito una costante accelerazione. Prima dal Ruanda, ora dal Burundi e dalla Repubblica democratica del Congo: stime ufficiali dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) parlano di più di mezzo milione di profughi nella sola Tanzania occidentale. Nel 1994, anno del genocidio ruandese, il Burugi National Park fu teatro di caccia indiscriminata: il numero di bufali diminuì da 2670 a soli 44, mentre dei 324 esemplari di antilope sudafricana non v’è più traccia. Nel 2005, all’interno del campo profughi di Lugufu, alcuni profughi congolesi furono scoperti mentre rinchiudevano in gabbie uno scimpanzé e un piccolo leone, pronti per essere macellati.

Il rapporto della Traffic sollecita le organizzazioni umanitarie ad aumentare l’apporto di proteine animali per i profughi attraverso l’utilizzo di carne in scatola. “L’ampia gamma di carne selvatica che si consuma nei campi della Tanzania nasconde il fallimento della comunità internazionale nel rispondere ai bisogni elementari dei profughi”, scrive nel rapporto il dottor George Jambiya, aggiungendo che “le agenzie umanitarie stanno chiudendo un occhio sulla vera causa della caccia: la mancanza di proteine animali nei pasti dei rifugiati”. Il World Food Programme (Wfp) fornisce ogni giorno razioni alimentari per 200 mila persone nella sola Tanzania occidentale: ragioni di budget non permettono al Wfp di nutrire gli abitanti dei campi profughi con proteine animali, sostituite con i più economici fagioli. La carne selvatica, più allettante di un piatto di legumi, è perfino più conveniente della carne di capra o di manzo che si trova in commercio. Simon Milledge, coautore del rapporto, non nasconde il lato inquietante di tale lotta per la sopravvivenza: “È folle pensare che uomini che fuggono dagli spari in patria debbano schivare i colpi delle guardie forestali mentre sono alla ricerca di cibo”.
Parole chiave: tanzania, profughi, animali, traffic, carne, wwf, wfp
Categoria: Salute, Ambiente, Economia
Luogo: Tanzania