19/04/2004
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Un’escalation militare come non la si vedeva dalla fine dell’estate scorsa
Villaggio di Duba-Yurt, alle pendici del versante
settentrionale della catena montuosa del Caucaso, una cinquantina di
chilometri a sud di Grozny. Intorno alle due di mattina del 27 marzo
otto blindati da trasporto truppe dell’esercito russo, con le targhe
smontate, sono entrati nel centro abitato. Ne sono scesi decine di
soldati, tutti col volto coperto dai passamontagna.
Hanno fatto irruzione in diciannove case. Hanno tirato giù dal letto
uomini, donne, vecchi e bambini e, minacciandoli con le armi, li hanno
fatti stendere faccia a terra. Poi, senza neanche controllare i
documenti, hanno raggruppato tutti i maschi in ‘età militare’ e se li
sono portati via, senza nemmeno dar loro il tempo di vestirsi. Nove
persone in tutto, di età compresa tra i 28 e i 44 anni, sono sparite
quella notte da Duba-Yurt.
I loro familiari hanno subito iniziato a cercarli, facendo il giro
delle prigioni della zona. Hanno saputo che probabilmente erano stati
portati nel ‘campo di filtraggio’ di Khankala, alla periferia orientale
di Grozny. E a quel punto hanno capito che le possibilità di rivedere i
loro cari erano assai scarse. Venerdì 9 aprile, nel villaggio di
Serzhen-Yurt, una ventina di chilometri a nord-est di Duba-Yurt, un
uomo ha notato in fondo a un burrone nove cadaveri. Erano ancora
vestiti da notte. Sui loro corpi i segni delle torture. Tutti erano
stati uccisi con un colpo di pistola alla testa.
Questo, denunciato da Human Rights Watch, è solo uno dei più recenti
casi di ‘sparizione’ di civili ceceni rapiti dalle forze di sicurezza
russe. Solitamente di loro si perde ogni traccia. A volte, come per i
nove di Duba-Yurt, vengono ritrovati morti. I pochi che sopravvivono
alle torture vengono liberati dietro pagamento di pesanti riscatti da
parte dei familiari. Questo fenomeno sta assumendo dimensioni sempre
più gravi. Le stesse autorità russe ammettono oltre seicento
‘sparizioni’ nel 2003. Sicuramente una stima per largo difetto:
l’associazione russa per i diritti umani “Memorial” ha denunciato nello
stesso periodo quasi cinquecento casi solo in quel 30 per cento di
territorio ceceno che i suoi osservatori sono riusciti a monitorare.
Lo stesso venerdì in cui a Serzhen-Yurt venivano scoperti i nove
cadaveri, qualche decina di chilometri più a sud, nel villaggio di
montagna di Rigakhoy, si consumava un’altra tragedia. Marin Tsintsayeva
era in casa con i suoi cinque figli, quando, attorno alle due del
pomeriggio, l’aviazione russa ha iniziato a bombardare la zona. Marin
si è nascosta sotto il tavolo tenendo abbracciati stretti i suoi
bambini. Per venti minuti la casa ha tremato per le esplosioni delle
bombe, finché una l’ha centrata in pieno. Marin e i suoi figli sono
morti.
A quanto pare, i russi hanno dato inizio a una massiccia campagna di
bombardamenti aerei sulle roccaforti della guerriglia indipendentista
nelle montagne della Cecenia meridionale. Fonti locali riferiscono che
era dalla fine dell’estate scorsa che non si vedevano volare così tanti
caccia-bombardieri ed elicotteri russi.
Questo, assieme alla notevole intensificazione dei combattimenti –
costati la vita a decine di soldati russi e guerriglieri ceceni
nell’ultima settimana – e alle notizie di operazioni speciali russe in
atto nelle roccaforti degli indipendentisti, sembrano confermare le
voci che, secondo il centro di informazione Prague Watchdog, circolano
a Grozny riguardo al fatto che il Cremlino abbia deciso di lanciare
un’offensiva generale volta alla cattura o all’eliminazione dei vertici
politici e militari dell’indipendentismo ceceno, a cominciare dell’ex
presidente ceceno, Aslan Maskhadov.
Enrico Piovesana