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Tancredi TarantinoQuito si è risvegliata nel caos questa mattina. Alcuni poliziotti, quando il sole tardava a sorgere, hanno occupato i principali distretti di polizia della capitale dell'Ecuador. Pochi minuti dopo, veniva presa d'assalto la pista dell'aeroporto mentre la scorta legislativa, incaricata di garantire la sicurezza del palazzo del Congresso, impediva l'ingresso dei deputati "perchè - hanno dichiarato - anche noi ci uniamo alla protesta".
Una protesta esplosa in seguito all'approvazione di una legge che riforma il settore pubblico del Paese e che, con il passare delle ore, inizia a prendere le forme di un tentativo di colpo di Stato.
Il presidente Rafael Correa, socialista e fondatore del movimento della "rivoluzione cittadina", che si trovava ricoverato in ospedale in seguito ad un'operazione al ginocchio, ha raggiunto il principale distretto di polizia di Quito da dove ha dichiarato a gran voce che non cederà di un centimetro. "Ni un paso atras", non un passo indietro, ha dichiarato Correa. Pochi minuti dopo ci sono stati alcuni scontri e pare che siano stati sparati alcuni lacrimogeni che hanno costretto lo stesso Presidente a ricorrere alle cure di un medico.
Difficile intendere cosa stia accadendo in Ecuador in queste ore. La legge incriminata, che ha portato all'ammutinamento di una parte dell'esercito e della polizia, intende riequilibrare gli stipendi dei dipendenti pubblici, eliminando ogni tipo di privilegio. Il provvedimento, fortemente voluto dal Governo per rimediare ad una crisi finanziaria che ha colpito anche il piccolo Paese andino, è stato approvato ieri dal Congresso e dopo poche ore Quito si è trasformata in scenario di scontri e violenze. Le banche sono state chiuse, le comunicazioni interrotte e la stessa ambasciata italiana a Quito è stata chiusa come misura precauzionale.
E mentre il ministro degli Esteri, Ricardo Patiño, denuncia l'opposizione di stare dietro le proteste, una parte del movimento indigeno chiede a gran voce le dimissioni di Correa e la costituzione di un fronte di difesa nazionale. Intanto le strade di Quito iniziano ad essere invase dai sostenitori di Correa che dal 2006 guida il Paese nel tentativo di riportarlo su un binario di stabilità, legalità ed equità.
Una situazione ancora difficile da delineare ma che riporta l'Ecuador in un passato dal quale sembrava essere uscito, un passato fatto di colpi di stato e presidenti costretti alla fuga mentre le poche famiglie al comando continuavano a spartirsi poltrone e denaro. E mentre l'ex presidente golpista Lucio Gutierrez chiede la dissoluzione del Parlamento la storia sembra ripetersi in Ecuador.