Con una giacca invernale Rania, seduta su un divano, copre quel vestito nuovo che la madre le aveva regalato per l'Aid (la fine del pellegrinaggio) il mese scorso.
Fa freddo nella nuova casa che Rania, assieme ai suoi tre fratellini e ai suoi genitori, ha preso in affitto in un villaggio del nord del Libano, a pochi chilometri da Tell Khalakh, il villaggio siriano di cui è originaria. Fa freddo, perché qui nonostante sia pieno inverno non ci sono i riscaldamenti perché il padre non ha i soldi per poter pagarne il consumo.
Quando un mese fa Rania assieme ai suoi fratelli e a sua madre è scappata dalla Siria ha portato con sé solo la paura di essere scoperta mentre a piedi, di notte, attraversava il fiume che separa i due paesi, lasciando suo padre in quella casa che non aveva mai immaginato di lasciare almeno a soli dodici anni.
Abu Yusef, il padre di Rania, nonostante i bombardamenti e gli arresti arbitrari é rimasto a Tell Khalakh per sorvegliare la casa rinchiuso per quindici giorni in un bagno - racconta - per la paura di essere arrestato durante le perquisizioni quotidiane dell'esercito.
"Quando ho visto che l'esercito veniva e prendeva tutto quello che avevamo allora ho deciso di lasciare anche io la casa e raggiungere la mia famiglia perché solo così avrei potuto salvare la mia vita".
Di quella casa oggi non resta niente, racconta Umm Yusef con le lacrime agli occhi mentre serve una tisana al timo e si fa promettere di non scrivere il suo nome vero nell'intervista.
Ai vicini che le chiedono le ultime notizie da Tell Khalakh e il numero dei morti e dei feriti Umm Yusef risponde decisa: "Non parlate di feriti e di morti. Non c'e' nessuna distinzione. Chi e' ferito in Siria muore, perche' chi e' ferito in Siria non puo' recarsi negli ospedali perche' sara' ucciso perche' colpevole di aver partecipato alle manifestazioni o di essere un terrorista e tantomeno nessuno lo aiutera' a raggiungere l'ospedale perche' i soldati sparano a chiunque esca di casa".
A interrompere le parole di Umm Yusef sono le lacrime di sua figlia Rania. "Rania e' triste - dice la madre - questa mattina assieme siamo andate nel villaggio di Muqleib alla frontiera. Rania avrebbe voluto oltrepassarla per raggiungere le sue amiche che sono rimaste li e mostrarle finalmente dopo un mese il suo nuovo vestito". Dei soldati e dei carri armati siriani disposti al confine invece hanno rotto il sogno di Rania ricordandole che li' c'e' una guerra e che non e' questo adesso il tempo dei giochi.
Abu Yusef il padre mentre fuma una sigaretta dopo l'altra dice con voce commossa dinanzi alle lacrime della figlia: "E' strano sai stare qui a pochi metri dal confine. E' difficile di notte chiudere quella finestra e vedere al di là del fiume le truppe dei soldati siriani e le luci spente ormai da mesi del mio villaggio. Dove vorrei essere in questo momento? Darei la mia vita perchè i miei figli possano tornare presto a casa, che anche se resta tutta da costruire sara' sempre la nostra casa''.