Nove candidati sfideranno Aleksander Lukashenko nella corsa presidenziale. Il margine di vantaggio di cui gode il presidente uscente è abissale, non solo per i mezzi di propaganda a sua disposizione ma, soprattutto, perché Lukashenko nei suoi sedici anni di potere incontrastato ha piazzato in tutte le posizioni chiavi del paese uomini e donne che sono sotto suo diretto controllo. Anche il presidente della Commissione elettorale centrale (Cec), Lidya Yermoshina, è persona di fiducia.
Difficilmente le elezioni presidenziali del 19 dicembre riserveranno delle sorprese e le forze in campo sono fortemente sbilanciate: basti pensare che le firme a sostegno della candidatura di Lukashenko ammontano a oltre un milione e centomila, gli altri nove si sono attestati poco sopra il minimo richiesto delle centomila firme. Gli sfidanti più accreditati sono il poeta Uladzimir Nyalklyaeu e l'ex diplomatico Andrei Sannikov. Ma sono in pochi a credere che i due riusciranno a rosicchiare l'ottanta per cento - e più - dei consensi di cui gode Lukashenko. Per quanto possa valere, nessun osservatore straniero ha mai riconosciuto come valida qualsiasi votazione svoltasi dal 1994, siano state esse elezioni o anche referendum. La questione dei brogli e della manipolazione della volontà popolare è qualcosa di molto più concreto di un semplice dubbio.
Lukashenko, forte del sostegno del Partito comunista e di una coalizione di partiti di sinistra, sente già la vittoria in pugno. Nel suo manifesto di candidatura, l'uomo forte di Minsk sottolinea la saggezza della sua linea politica che ha fatto evitare alla Bielorussia l'onda d'urto della crisi economica mondiale ponendo basi solide per un progresso sostenibile e innovativo.
"Non è questo il momento per fare esperimenti, in Bielorussia", dice Lukashenko ridicolizzando le proposte dei suoi avversari. L'opposizione, frammentata e scomposta, non ha gioco facile: l'accesso alle tv e alle radio è contingentato e anche sulle manifestazioni di piazza incombe la forte censura imposta dalle agenzie governative, servizi del Kgb in testa.
Per le opposizioni, la campagna elettorale in corso è una mera illusione: Andrei Sannikov, ex diplomatico e ministro degli Esteri ritiene che "l'unico obiettivo del regime" sia quello di frodare gli elettori tanto che "gli osservatori internazionali non saranno ammessi alla conta dei voti". Comunque sia, se anche gli osservatori venissero ammessi a tutte le operazioni di voto, non tutti credono nel ruolo di garanzia ricoperto dagli inviati dell'Osce: Natalya Radzina, direttrice di Charter'97 è molto sicura nell'affermare che "il regime può tranquillamente assassinare i giornalisti sotto gli occhi (chiusi) degli uomini dell'Osce". Radzina fa riferimento alla morte del giornalista Aleh Byabenin trovato impiccato lo scorso settembre. Sebbene la procura abbia archiviato la cosa come suicidio, Natalya Radzina ritiene che sia stato assassinato per le sue posizioni scomode e ha accusato di superficialità gli osservatori Osce che hanno avallato la tesi della procura.
Lukashenko ha ripetutamente accusato Nyalklyaeu e Sannikov di ricevere finanziamenti occulti dal Cremlino. L'ultima volta lo ha fatto in un'intervista concessa al quotidiano francese Liberation. D'altra parte, Lukashenko ne è convinto, "se non ci fosse la Russia dietro" i suoi oppositori, questi ultimi non avrebbero le risorse né tanto meno le competenze per imbastire una campagna elettorale.
La disinvoltura con cui Lukashenko rilascia tali affermazioni non può destare sorpresa dal momento che da un paio di mesi a questa parte le dichiarazioni del presidente bielorusso sono state orientate tutte a determinare un inedito strappo con il Cremlino culminato con la lapidaria dichiarazione: "La Russia è il nostro peggior nemico".
È un dato di fatto che Lukashenko abbia fiutato, da tempo, le intenzioni di Mosca di scaricare l'ex alleato per puntare su un nuovo cavallo.
Il 19 dicembre, si assisterà dunque a un braccio di ferro a distanza: Lukashenko, infatti, dovrà confermare la propria forza non tanto ai suoi oppositori interni (che presumibilmente, verranno schiacciati dalla macchina governativa) quanto a quelli esterni, cioè agli uomini del Cremlino.
Andrei Sannikov, sicuro che la Cec altererà a favore di Lukashenko il risultato delle urne, ha già invitato tutti i suoi sostenitori a scendere in Piazza d'Ottobre - il giorno delle elezioni - per difendere le proprie scelte.
Nicola Sessa