Fine settimana di sangue in Messico. Secondo quanto riferito dalle autorità locali, ventotto persone sono rimaste uccise nei violenti scontri tra bande di narcotrafficanti negli stati di Chihuahua e Sinaloa, situati nella parte nord-orientale del paese.
Sono stati inoltre ritrovati altri sedici cadaveri in Tamaulipas, stato del nord confinante con il Texas, che si aggiungono a quelli rinvenuti, in otto diverse fosse comuni, lo scorso mercoledì. Le autorità messicane, dato l'avanzato stato di decomposizione dei corpi, avevano sospettato si trattasse dei viaggiatori di un autobus dirottato il 25 marzo e di cui si erano perse le tracce. Il bilancio è dunque di 88 cadaveri ritrovati in una settimana.
Sembra quanto mai evidente il fallimento dell'offensiva lanciata dal presidente messicano Felipe Calderon, che, giunto al potere nel 2006, ha iniziato una dura lotta al narcotraffico, dispiegando 50 mila militari in suo sostegno. Il presidente si è sempre mostrato deciso a non mollare, ma, dopo cinque anni di campagna e più di 34 mila morti, tra regolamenti di conti e scontri con le forze dell'ordine, il paese è esausto.