"Francesco è una figura indispensabile, tant'è che per sopperire alla sua mancanza abbiamo dovuto spostare un altro logista da Khartoum". Rossella Miccio, responsabile ufficio umanitario di Emergency, sintetizza così l'apporto di Francesco Azzarà, che ormai dal 14 agosto è nelle mani degli ignoti che l'hanno rapito sulla strada per l'aeroporto di Nyala, capitale del sud Darfur.
Una vita da logista, quella di Azzarà, cioè da "uomo ovunque". Nel centro pediatrico di Nyala, l'unico gratuito di tutto lo Stato che fa parte della repubblica sudanese, ci sono quattro "internazionali" (oltre a una settantina di lavoratori "locali"): tre sono medici, il quarto è proprio lui, l'amministratore che gestisce tutta la contabilità e il personale. "È un microcosmo autosufficiente - aggiunge Miccio - il cui funzionamento è garantito proprio da Francesco. Lui va in giro perché deve monitorare gli acquisti e i prezzi, inoltre gestisce gli spostamenti del personale. È proprio quello che stava facendo quando è stato rapito".
"A volte lo prendiamo un po’ in giro per la precisione che mette in ogni cosa che fa - dice Michaela Franz, infermiera e coordinatrice dei programmi, da 11 anni con Emergency (Cambogia, Sierra Leone, Panjshir, e Darfur) - perché per citare un suo modo di esprimersi, gli piace fare tutto 'a modo'.
Appena si può staccare dai conti, dal computer, dall’ufficio e dal suo lavoro, Francesco viene in reparto. Ha bisogno di vedere i pazienti per dare un senso al suo lavoro d'ufficio e, se riesce a strappare un sorriso a qualche bambino, se ne torna più contento al suo computer. Negli ospedali spesso si parla solo di medici e infermieri. Ingiustamente: la figura del logista è fondamentale. Senza di lui l'ospedale non va avanti. C’è da fare la spesa, le riparazioni, da pagare i salari per lo staff locale, fare il controllo del personale, i contratti, tenere contatti con le varie autorità, occuparsi di tubature e generatori in Paesi dove luce e acqua non sono garantite. E mille altre cose".
"Noi ci sentiamo abbastanza tranquilli per due motivi - continua Rossella Miccio -: la gente del posto e le autorità continuano a comunicarci la loro solidarietà, tant'è che le attività dell'ospedale pediatrico non si sono fermate. E poi ci siamo resi conto che il ritorno a casa di Francesco è considerato una priorità da tutti, dal governo di Khartoum alla Farnesina. Siamo costantemente in contatto con l'ambasciata d'Italia".
La solidarietà ha radici molto concrete. L'ospedale pediatrico di Nyala è aperto da un anno, ha visitato già 25mila persone e i ricoverati sono attualmente circa mille. "All'inizio erano bambini della città, poi via via sono arrivati quelli delle periferie e poi delle campagne, nonostante la scomodità negli spostamenti. Le patologie che curiamo sono quelle tipiche di questa parte di mondo: infezioni intestinali e respiratorie, malaria. C'è poi un'alta incidenza di anemia falciforme, una malattia che si cura solo nel nostro ospedale".
Gabriele Battaglia