12/01/2007versione stampabilestampainvia paginainvia



La Corea del Nord verso la carestia, mentre il dittatore si dedica al culto della personalità. La propria
Kim Jong Il, rappresentato come "il sole del 21° secolo"La massima divinità della Corea del Nord ama le Ferrari e il karaoke, e indossa scarpe con il rialzo. Di dodici centimetri. E' Kim Jong Il, il dittatore più narcisista del mondo, un dittatore a cui poco importa che il suo Paese stia affrontando un inverno durissimo: le inondazioni della scorsa estate hanno distrutto buona parte dei raccolti e le sanzioni decise dalla comunità internazionale a seguito del test missilistico effettuato da Pyongyang il 9 ottobre hanno peggiorato la situazione. Si teme una carestia, e tra la popolazione è ancora vivo il ricordo di quella che, alla fine degli anni Novanta, uccise milioni di persone. Ciononostante, il 40 percento del budget nazionale viene speso per la “deificazione” di Kim Jong Il, soprannominato “il caro leader”, e della sua famiglia - in primis il padre Kim Il Sung, che ha guidato la Corea fino al 1994.
 
celebrazione per il caro leader: 100mila ballerini compongono immaginiUna statua tira l'altra. Mentre vengono tagliate le spese per la sanità, le pensioni e addirittura la difesa, continuano ad aumentare i fondi destinati a statue e monumenti – ce ne sono già trentamila disseminati nel Paese -  musei e templi, festival artistici e concerti rock. Tutti dedicati al caro leader e a suo padre. La popolazione è invitata a piantare nei giardini delle proprie case una varietà di begonia che si chiama “kimjongilia”, e il compleanno di Kim Jong è festa nazionale. Il caro leader ha chiamato il suo programma di governo “il socialismo a modo nostro”: la fedeltà al popolo e al partito sono sostituiti dalla fedeltà con forti tinte mistiche alla famiglia del leader. Kim Jong Il è considerato un vero e proprio dio.
 
un ritratto di Kim Jong Il circondato dalle begonie kimjongiliaIl buco nero della stampa. La principale minaccia, per il caro leader, è costituita dai mezzi di comunicazione di massa. Il regime teme che, grazie alle informazioni provenienti dal mondo esterno, i venti milioni di coreani possano scoprire che “là fuori” si vive meglio. La censura è quindi uno strumento fondamentale a tutti i livelli. Nella classifica della libertà di stampa nel mondo nel 2006 pubblicata da Reporter Sans Frontieres, la Corea del Nord – per il quinto anno consecutivo – occupa l'ultima posizione: un vero e proprio “buco nero” dell'informazione. I giornalisti nordcoreani possono pubblicare solo notizie autorizzate dal regime, e sono centinaia, secondo quanto riportato da esuli e dissidenti, quelli imprigionati perché si erano discostati dalle veline governative.
 
celebrazione per Kim Jong IlNordcoreano è meglio. Qualcosa, tuttavia, riesce ugualmente a filtrare sul mercato nero dell'informazione: attraverso il confine cinese arrivano cd, videocassette, telefoni cellulari. Un grosso problema per il dio del karaoke. E il regime cerca di correre ai ripari puntando tutto sull'orgoglio nazionale. All'indomani del test missilistico, ad esempio, sono spuntati ovunque enormi cartelli: “Siamo un Paese con un deterrente nucleare”. L'isolamento diventa un punto di forza: secondo Kim il sangue del Paese è rimasto puro, determinando l'intrinseca superiorità razziale dei nordcoreani. E mentre il Paese rischia di morire di fame, la “divinità guardiana del pianeta”, come viene apostrofato dai quotidiani che lui stesso controlla, pianta begonie e pensa alla prossima statua.

Cecilia Strada

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