08/02/2007versione stampabilestampainvia paginainvia



Abu Mazen e Khaled Meshaal a La Mecca trovano un accordo sul governo di unità nazionale
Nel secondo giorno dei colloqui tra Khaled Meshaal e Abu Mazen a La Mecca, i due principali gruppi palestinesi hano trovato un accordo per la composizione del governo di unità nazionale.
 
Abu Mazen, Khaled Meshaal e re Bin AbdulazizL’accordo. Lo scopo dei colloqui, mediati dal re saudita Abdullah Bin Abdulaziz, era quello di riportare la calma nei territori, giunti sull’orlo di una guerra civile. Abu Mazen sperava di convincere il capo dell’ufficio politico di Hamas ad aderire all’iniziativa di pace del 2002, che contemplava il riconoscimento di Israele e potrebbe porre fine all’embargo economico che ha strangolato il governo palestinese dall’elezione di Hamas, nel gennaio scorso. “Siamo venuti per trovare un accordo e non abbiamo altra scelta che trovarlo” ha dichiarato Meshaal prima dell’inizio dei colloqui. E così è stato. I due capi palestinesi “hanno preso un grosso impegno con la propria gente, davanti alla più preziosa reliquia della La Mecca, la sacra Kabaa –ha commentato un giornalista saudita- la cosa ha un enorme significato”.
 
Ministeri. La prima conclusione dei colloqui è che Meshaal non sarà il capo dei deputati. Per il resto pare che i due leader palestinesi abbiano trovato un accordo sui nomi a cui affidare tutti i ministeri, ad eccezione di quello dell’Interno. Come era stato annunciato in precedenza, nel governo monocolore di Hamas entrerebbero tre rappresentanti di Fatah ma anche cinque politici indipendenti, come Ziyad Abu Amr, che verrà nominato ministro degli Esteri e Salam Fayyad del partito della Terza Via, cui verrà affidato il dicastero delle finanze. Nove ministeri rimarranno nelle mani di Hamas. I politici indipendenti, che potrebbero essere la chiave del buon esito della trattativa, verranno nominati tre da Hamas e due da Fatah. L’accordo potrebbe porre fine alle violenze tra miliziani di Hamas e Fatah che sono in corso da dicembre e hanno provocato fin’ora almeno 90 vittime.
 
Mazen e Meshaal durante la preghieraIsraele. Durante il secondo giorno nella città più santa dell’Islam, i leader palestinesi hanno discusso anche delle prospettive di accordi di pace con Israele. Meshaal ha confermato la disponibilità di Hamas a riconoscere i precedenti accordi di pace e il ruolo dell’Olp come mediatore, ma ha rifiutato di equiparare il rispetto degli accordi a un esplicito riconoscimento di Israele. Da questo punto di vista non ci sono stati progressi, perché Hamas sostiene la stessa posizione già da mesi. Mercoledì il ministro degli Esteri israeliano Livni ha dichiarato che Tel Aviv non accetterà un governo palestinese che non rinunciasse alla violenza e riconoscesse il diritto all’esistenza di Israele. Una dichiarazione che mette in guardia dall’eccessivo ottimismo: non è affatto detto che l’accordo de La Mecca sarà considerato accettabile per Israele. La priorità però in questo momento è quella di riportare la calma a Gaza e fermare lo spargimento del sangue palestinese. In ogni caso, se i palestinesi saranno in grado di comporre un governo di unità nazionale, è possibile che un incentivo a trattare con loro emerga dall’incontro programmato per il 19 febbraio tra il premier israeliano Olmert e il segretario di Stato Usa Rice.
 
La sacra KabaaFratelli. A Gaza intanto la tregua regge da un paio di giorni, forse anche grazie all’aspettativa per l’incontro dei leader in Arabia Saudita. Ma se anche non si combatte la gente della Striscia continua a soffrire per la povertà e i disagi che sono esplosi nel corso di un anno di embargo internazionale rendendo quasi impossibile la vita dei palestinesi. In una casa di Gaza vivono due fratelli di 19 e 22 anni, il primo è un fedelissimo di Fatah, l’altro di Hamas. Entrambi sono rimasti feriti nel corso della stessa battaglia, iniziata alcuni giorni fa quando miliziani di Hamas hanno attaccato l’abitazione di un capo di Fatah. I due, intervistati dal Jerusalem Post, hanno giurato che non si sparerebbero mai a vicenda. “non è giusto che i leader di Hamas e Fatah aumentino le distanze tra di noi” ha accusato il maggiore, ammettendo di aspettarsi molto dai colloqui de La Mecca. Intanto però i due feriti vengono tenuti in due piani diversi della casa per evitare che i rispettivi amici in visita si incontrino e si mettano a combattere anche lì.
 

Naoki Tomasini

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