Riesplodono le violenze nel Kurdistan turco, mentre sale la tensione tra Turchia e Iraq
Tre giorni di battaglie, con almeno 18 morti tra guerriglieri e membri delle
forze di sicurezza. Con il disgelo di primavera, il Kurdistan turco torna bollente
come si temeva, mentre la Turchia ammassa un numero sempre maggiore di truppe
lungo il confine con l'Iraq. Ad accrescere la tensione contribuiscono anche gli
ammonimenti a distanza tra il presidente della regione autonoma curda irachena,
Massoud Barzan, e il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. E ieri, martedì
10 aprile, un uomo curdo ha tentato di dirottare un volo interno Diyarbakir-Istanbul,
provocando fortunatamente solo un grande spavento.
Paura in volo. Il dirottatore è entrato nella cabina di pilotaggio di un aereo della compagnia
Pegasus Air, minacciando di farsi saltare in aria se il velivolo non avesse invertito
la rotta in direzione dell'Iran. I piloti hanno fatto invece scalo nella capitale
Ankara, e l'uomo – che si è scoperto essere disarmato e privo di esplosivo – è
stato arrestato. I 178 passeggeri a bordo sono tutti illesi.
Gli scontri. Il dirottamento ha coronato una tre giorni di tensione iniziata nel fine settimana,
con le violenze tra guerriglieri del Partito dei lavoratori curdi (Pkk) e l'esercito
turco. Sei soldati e un guardiano di villaggio sono stati uccisi nelle province
di Sirnak e di Bingol, altri tre militari sono morti saltando su una mina nella
provincia di Bitlis. Negli scontri hanno perso la vita anche almeno otto ribelli
del Pkk. Le battaglie si sono intensificate lunedì 9 aprile, quando l'esercito
turco ha dispiegato lungo la frontiera con l'Iraq almeno 13mila soldati. Per l'alta
richiesta di truppe nella zona, sono stati cancellati tutti i periodo di licenza
fino a luglio.
La questione di Kirkuk. L'atmosfera si era surriscaldata già sabato 7 aprile dopo i commenti del presidente
della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Massoud Barzani. Il leader curdo
ha in pratica intimato alla Turchia di non impicciarsi della questione di Kirkuk,
la città irachena ricca di petrolio contesa tra curdi, arabi e turcomanni, il
cui status dovrebbe essere deciso con un referendum entro la fine dell'anno: se
il controllo verrà assegnato ai curdi, come è previsto succeda, la città diventerebbe
in pratica la capitale del Kurdistan iracheno e un catalizzatore per un ipotetico
stato curdo indipendente, eventualità che la Turchia vuole stroncare sul nascere,
anche con una minacciata invasione dell'Iraq.
Botta e risposta. “Kirkuk è una città irachena con identità curda, storicamente e geograficamente.
I fatti provano che Kirkuk fa parte del Kurdistan”, ha detto Barzani in un'intervista
alla tv satellitare Al Arabiya. “Alla Turchia non è concesso di intervenire nella
questione di Kirkuk e se lo farà, per conto di qualche migliaio di turcomanni,
noi interferiremo nelle questioni di Diyarbakir e dei 30 milioni di curdi in Turchia”,
ha continuato Barzani riferendosi al più grande centro del Kurdistan turco. La
risposta del premier turco Erdogan è stata lapidaria: “Barzani potrebbe essere
stato schiacciato dalle sue stesse parole”.