17/12/2007versione stampabilestampainvia paginainvia



Crisi nei negoziati con il Milf. Niente tregua con l'Npa
Brutte notizie per le speranze di pace nelle Filippine, teatro di due trentennali conflitti armati.
I negoziati tra il governo e gli indipendentisti islamici del Milf, ripresi poche settimane fa dopo la rottura del 2006, sono già in una nuova fase di stallo. Mentre i guerriglieri comunisti dell’Npa hanno rigettato la tregua offerta dal governo dicendo che si tratta di un bluff e promettendo un’escalation degli attacchi. Intanto nel profondo sud, truppe governative e forze speciali Usa hanno ucciso un pezzo grosso di Abu Sayyaf.
 
 
Guerriglieri del MilfRischio di rottura definitiva. L’ottimismo suscitato a fine ottobre dall’annuncio di un accordo tra governo e Fronte Islamico di Liberazione Moro (Milf) per la ripresa dei negoziati di pace è già finito. Nel finesettimana i guerriglieri – che combattono dal 1978 per l’indipendenza delle regioni musulmane meridionali di Mindanao e Sulu – hanno abbandonato il tavolo negoziale accusando il governo di essersi già rimangiato l’intesa raggiunta sull’estensione e sul livello di autonomia del ‘dominio ancestrale’. “Ci sono dei sabotatori nel governo che remano contro il negoziato”, ha dichiarato il rappresentante del Milf, Mohagher Iqbal. “Così si mette a dura prova la pazienza del popolo Moro, che potrebbe anche decidere di risolvere il conflitto con mezzi diversi da quelli pacifici”.
Rudy Rodil, membro dei negoziatori governativi contattato da PeaceReporter minimizza e parlano di un “fraintendimento grave ma temporaneo, che verrà risolto nei prossimi giorni”, ma ammette che “l’allergia del Milf per i limiti imposti dalla Costituzione costituisce un serio problema per il buon esito dei negoziati”.
 
 
La Arroyo e i militariColombe e falchi da entrambe le parti. Un fallimento definitivo del processo di pace rischia di creare fratture all’interno degli almeno 12 mila combattenti del Milf, tra un vertice attendista e paziente e una base combattente sempre più esasperata dall’atteggiamento ondivago e schizofrenico di un governo che alterna momenti di apertura a momenti di irrigidimento, frutto questi ultimi delle pressioni delle gerarchie militari da sempre contrarie a ogni negoziato con i ribelli islamici.
La pace nel sud musulmano significherebbe infatti la fine dello stato di guerra permanente che da trent’anni garantisce un enorme potere politico ed economico alle forze armate filippine. Uno stato di guerra che dal 2001 viene giustificato soprattutto con la “lotta al terrorismo” combattuta dai marines filippini e dalle forze speciali Usa nelle isole del sud. Non è certo un caso che, proprio mentre governo e Milf si incontravano sabato in Malesia, l’esercito abbia annunciato un’operazione antiterrorismo a Tawi-Tawi conclusasi con l’uccisione del super-ricercato Abdul Mobin Sakandal, esponente di spicco del gruppo terroristico di Abu Sayyaf.
 
 
Ka 'Roger' RosalI ribelli comunisti rifiutano la tregua. Brutte notizie arrivano anche dall’altra guerra filippina, quella che dal 1969 contrappone il governo ai ribelli comunisti del Nuovo Esercito del Popolo (Npa) e che fino a oggi ha causato almeno 40 mila morti. Il capo di stato maggiore dell’esercito Ermogenes Esperon aveva annunciato nei giorni scorsi una tregua natalizia e offerto ai ribelli una successiva tregua di tre anni per provare a intavolare un negoziato. Ka ‘Roger’ Rosal, portavoce dei guerriglieri dell’Npa, ha risposto dicendo che si tratta di un bluff. “L’ipocrita regime fascista della Arroyo sta intensificando l’offensiva militare su tutti i fronti, continua a compiere crimini di guerra contro al popolazione civile, discute di reintrodurre la legge anti-sovversione per meglio reprimere gli oppositori e il giorno dopo propone tregue. E’ solo un trucco, a cui noi risponderemo intensificando i nostri attacchi”.
Domenica, tre soldati sono stati uccisi in un agguato dei guerriglieri sull’isola di Palawan.

Enrico Piovesana

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