22/02/2005versione stampabilestampainvia paginainvia



Testimonianze dai villaggi montani della Cecenia, spopolati dai bombardamenti russi
A Grozny si attende con inquietudine la fine, domani sera, della tregua unilaterale dichiarata a inizio febbraio dalla guerriglia indipendentista cecena. Nel timore di attacchi da parte della guerriglia, molti abitanti stanno lasciando la città, che invece si va riempiendo di blindati e soldati russi, che hanno allestito checkpoint a ogni angolo di strada. Intanto, dalle montagne del sud della Cecenia, il vero fronte di questa guerra infinita, giunge la testimonianza di un giornalista locale che, protetto da pseudonimo, racconta la storia di uno dei tanti villaggi che si stanno spopolando a causa dei bombardamenti, dei rastrellamenti, in una parola del terrore che le truppe russe seminano da anni nelle boscose appendici del Caucaso ceceno nel tentativo di fiaccare la resistenza indipendentista che qui ha le sue roccaforti.

di Umalt Dudayev*

Un villaggio cecenoIn fuga dalla paura. Percorrendo una stretta e innevata strada di montagna si arriva a un gruppo di case deserte, con le porte e le finestre sfondate e i tetti crollati. Tutto lascia supporre che questo villaggio sia stato abbandonato molto tempo fa.
Siamo a Usum-Kotar, un piccolo villaggio montano nel distretto di Nozhai-Yurt, nel sud-est della Cecenia. Uno dei tanti insediamenti i cui abitanti sono stati costretti a fuggire in un processo forzato di spopolamento che viene ignorato dai media internazionali.
“Questo villaggio ha preso il nome da quello del mio bisnonno, Usum, che lo fondò all’inizio nel Novecento”, spiega Yahya Usumov, 52 anni, che ha vissuto qui fino al 1999, quando è iniziata la seconda guerra russo-cecena. “Io vivevo qui con la mia famiglia, con mio nonno, e con tutti i miei cugini e le loro famiglie. Ma siamo dovuti scappare tutti, perché non era più possibile rimanere a Usum-Kotar”.
La moglie di Usamov è morta d’infarto dopo l’ennesimo bombardamento russo. “Mia moglie era due anni più giovane di me: prima della guerra non aveva mai avuto problemi di cuore. La guerra se l’è portata via, come ha fatto con tanti altri. Da queste parti, molte persone sono morte d’infarto per la paura, lo stress e l’ansia prodotti dalla guerra. Ma sembra che nessuno si interessi di questo.”
Usum-Kotar si trova ai margini della foresta, e per questo è stato soggetto ai bombardamenti dell’artiglieria russa, che martella costantemente le zone boscose in cui si trovano i nascondigli dei guerriglieri di Maskhadov e Basayev.
“Da quando è iniziata la guerra nell’autunno del ’99, i russi hanno costantemente bombardato con aerei e con artiglieria le gole e le foreste di questo e degli altri distretti della Cecenia meridionale. E continuano a farlo tuttora. Ogni villaggio può essere colpito in ogni momento. I soldati russi possono fare irruzione in casa in ogni momento, uccidere o rapire te o un tuo parente, che poi sparisce senza lasciare traccia, e senza che nessuno venga punito. La gente di qui è stata costretta a fuggire perché temeva per la propria vita e per quella dei propri cari”.

Un villaggio in rovinaUna vita impossibile. Questi villaggi ceceni non hanno gas né riserve di carbone, quindi l’unico modo per scaldare le case è la legna, che va raccolta nei boschi, dove nessuno vuole addentrarsi: sono disseminati di mine e frequentati dai soldati russi che pattugliano le foreste a caccia di guerriglieri.
La gente di qui viveva allevando bestiame e api da miele, e coltivano mais e patate. D’estate gli uomini usavano andare in Russia o in Kazakistan per trovare dei lavori stagionali. Ma da anni tutto questo non è più possibile.
“L’esercito ha cacciato via tutti a forza di bombardamenti e rastrellamenti”, dice Umar Baisayev dell’associazione per i diritti umani Memorial. “In alcuni villaggi sono rimaste poche famiglie, ma la maggior parte sono stati completamente abbandonati, soprattutto quelli che si trovano nei distretti di confine con il Daghestan e la Georgia, cioè Vedeno, Nohzai-Yurt, Shatoi e Itum-Kale. Chi se lo può permettere si trasferisce nelle più tranquille pianure del nord della Cecenia, gli altri vanno a vivere da parenti e amici.
Yahya Usumov ora vive in quella che era la casa di suoi lontani parenti a Nohzai-Yurt, più a valle rispetto al villaggio di Usum-Kotar. “Quando è iniziata la guerra – racconta – loro sono scappati dalla Cecenia e mi hanno lasciato la casa per pochi soldi. Sono stato molto fortunato. I miei amici del villaggio se la passano molto peggio: i prezzi delle abitazioni sono saliti di molto, quindi in molti non possono permettersi una casa, ma non possono nemmeno tornare al villaggio.
“Lo spopolamento di questi villaggi è stato particolarmente intenso nel 2001-2002, il periodo peggiore della guerra, continuando poi in maniera meno pesante fino ai giorni nostri”, spiega Baisayev. “Questa gente ha subito un trattamento disumano: i soldati venivano continuamente nei villaggi, facendo irruzione nelle case, uccidendo e rapendo civili. Il tutto nelle pause tra un bombardamento e l’altro. Non hanno lasciato loro altra scelta se non la fuga”.

Rastrellamenti in un villaggio Un piano di spopolamento
. Molti in Cecenia pensano che i russi perseguano un piano predeterminato di spopolamento delle montagne del sud al fine di minare la base di supporto sociale della guerriglia indipendentista.
“Queste teorie – continua Baisayev – sono nate in seguito alla pubblicazione su Internet di documenti militari russi che ordinavano la ‘liquidazione’ di tutti i villaggi montani a sud della linea Bamut-Dargo, due villaggi che si trovano rispettivamente nell’estremità ovest ed est della Cecenia meridionale. Veri o no che siano quei documenti, sta di fatto che proprio i villaggi a sud di quella linea sono stati spopolati a suon di bombe e violenze”.
L’attacco documentato più recente risale ai giorni tra il 14 e il 16 gennaio scorso, quando i russi hanno bombardato la foresta ai margini del villaggio di Zumsoi, distruggendo con un razzo la casa di un tale Mahmud Tamayev. Nel successivo rastrellamento del villaggio i russi hanno rapito tre civili e hanno rubato denaro e oggetti di valore da molte abitazioni. Non era certo la prima volta che a Zumsoi succedevano simili cose. Il risultato è che di 56 case, oggi solo 15 rimangono abitate.
Il luogotenente russo dell’Fsb, Vladimir Yerofeev, insiste che non c’è nessun piano preordinato di spopolamento. “Questa storia è solo l’ultima trovata della macchina propagandistica degli ichkeri (ribelli ceceni, n.d.r.). Ogni tanto si inventano qualcosa di nuovo. Come quando Dudayev mise in giro la voce che i russi avrebbero deportato tutti i ceceni in Siberia: gli anziani che si ricordano delle deportazioni staliniane del 1944 ovviamente sono sensibili a queste cose, e solo per questo hanno appoggiato il governo indipendentista di Dudayev. Certo, nessuno nega che la vita per i ceceni sia più dura in montagna che in pianura, ma è sempre stato così. La guerra ha solo peggiorato le cose, com’è normale che sia”.
 
Categoria: Guerra, Popoli
Luogo: Cecenia (Russia)
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