Attacchi talebani e scontri armati nell'ovest, dove 220 soldati italiani sono pronti a intervenire
Tensione alle stelle nella provincia di Herat, base occidentale del contingente
italiano.
Oggi pomeriggio, una soldatessa del contingente Isaf spagnolo è morta e due suoi
compagni sono rimasti gravemente feriti per l'esplosione di una mina nella provincia
di Herat, dov'è schierato anche il contingente italiano. L'attacco è avvenuto
a Shindand, dove si trova la base del contingente Isaf spagnolo.
E' stato solo un caso che a morire sia stata una soldatessa spagnola e non un
soldato italiano. Il mezzo Isaf spagnolo colpito viaggiava infatti in convoglio
con mezzi Isaf italiani della squadra Omlt (Operational Mentoring and Liaison
Team) addetta all'addestramento delle froze armate afgane.
Scontri e agguati nell’ovest. La situazione è critica anche fuori da Herat, nelle altre province occidentali
(Farah e Ghor) che rientrano nella zona di competenza militare italiana: il Comando
Regionale Ovest, diretto dal generale di brigata Antonio Satta, un veterano della
Somalia e dell'Iraq, già comandante della brigata paracadutisti Folgore.
Lunedì, trecento talebani hanno attaccato e occupato il distretto di Bakwa, nella
provincia di Farah: è la prima volta che accade in questa zona. Finora i talebani
avevano conquistato solo distretti nella provincia meridionale di Helmand, come
ad esempio Musa Qala. Quella di Bakwa è stata una sorta di "prova": già la notte
scorsa, infatti, i talebani hanno lasciato il distretto, che è stato subito rioccupato
dalle forze militari afgane e dalle truppe Nato.
Sempre nella provincia di Farah, quattro poliziotti afgani sono stati uccisi
in un agguato dei talebani: una bomba radiocomandata è esplosa al passaggio del
loro mezzo. Gli agenti stavano tornando da un'operazione antidroga nell'ovest
della provincia: avevano distrutto alcuni campi di papavero da oppio.
Anche nella provincia di Ghor, sempre sotto comando regionale italiano, lunedì
è stata una giornata di sangue. Anche qui per colpa dell'oppio: un contadino è
morto e due sono rimasti gravemente feriti in violenti scontri con la polizia
afgana che stava distruggendo i loro campi di papaveri.
Qualcosa di nuovo dal fronte occidentale. Questi episodi, in particolare l’occupazione talebana del distretto di Bakwa,
confermano che la guerra, finora confinata al sud, sta contagiando anche le regioni
occidentali sotto comando italiano. Un fenomeno già emerso lo scorso 10 dicembre,
quando, sempre nella provincia di Farah,
il generale Satta coordinò l’attacco terrestre delle truppe afgane e delle forze
speciali Isaf e i bombardamenti aerei dell’aviazione Nato nel distretto di Balabaluk,
dove un gruppo di talebani si era infiltrato per compiere attacchi lungo la ‘ring-road’
che conduce ad Herat. L’offensiva “made in Italy” si concluse, secondo fonti ufficiali,
con l’uccisione di nove talebani.
Ma già da settembre era chiaro che nel “quadrante italiano” tirava aria di guerra.
Il 20 settembre, il comando Isaf annunciò l’avvio di un’offensiva contro i talebani nella provincia di Farah,
l’operazione ‘Wyconda Pincer’, con il coinvolgimento di “truppe italiane, statunitensi,
spagnole e afgane”. Una notizia clamorosa che i portavoce militari italiani cercarono
di ridimensionare con malcelato imbarazzo. “La diffusione di questa notizia da
parte di Isaf è stata un grave errore perché dà luogo ad equivoci”, aveva detto
a PeaceReporter il capitano Giancarlo Ciaburro, al tempo addetto stampa del contingente italiano
ad Herat.
220 soldati italiani pronti a combattere. Italiani e spagnoli: guarda caso le due componenti nazionali della task-force
di reazione rapida schierata ad Herat. Una forza di cui fanno parte
una compagnia di paracadutisti spagnoli
e 220 soldati italiani: uomini che il governo Prodi ha inviato in Afghanistan,
senza troppo clamore, negli ultimi mesi in vista di missioni esplicitamente ‘combat’.
Parliamo infatti di forze speciale di professionisti addestrati al combattimento:
il ‘Col Moschin’, ovvero il battaglione d’élite della Brigata Paracadutisti ‘Folgore’,
e il ‘Comsubin’, gli incursori della Marina, insomma i nostri
marines. Oltre a queste truppe d’assalto, in tutto 120 (numero non da poco, considerando
che si tratta di corpi speciali), ci sono poi un centinaio di paracadutisti del
66° reggimento di fanteria ‘Trieste’ della
Brigata Aeromobile ‘Friuli’, dotati di mezzi corazzati ‘Puma’ e dei nuovissimi
‘Lince’.
E’ più che probabile che queste truppe italiane siano state impiegate “clandestinamente”
nell’operazione ‘Wyconda Pincer’. Lo ipotizzava, a dicembre, anche il settimanale
Panorama, secondo il quale la task force italiana “sarebbe già stata impegnata con successo
in diverse operazioni di combattimento”.
Se finora i soldati italiani “in missione di pace” sono stati impiegati in guerra
di nascosto, per non violare i ‘caveat’ che regolano l’uso delle nostre truppe,
nei prossimi mesi il Col Moschin, il Comsubin e la Brigata ‘Friuli’ potrebbero
entrare in azione alla luce del sole. Se infatti i talebani dovessero aprire un
fronte occidentale portando la guerra in casa dei militari italiani, il generale
Satta avrà il dovere di impiegare la task-force italo-spagnola schierata ad Herat:
non ci saranno più scuse per evitare l’inevitabile. A meno di non ritirare le
nostre truppe dall’Afghanistan.