scritto per noi da
Simone Bruno

Gli squadroni anti-insubordinazione e anti-disturbo della Colombia, forze di
polizia speciali del governo, hanno assassinato Marcos Soto, un indigeno
Chamì, colpevole solo di manifestare pacificatamente nel giorno del Columbus Day.
La saggia voce della tradizione. Dopo 500 anni da quando i paesi europei hanno “scoperto” il “nuovo mondo” e
portato la “civilizzazione”, i sopravvissuti indigeni non hanno ancora la possibilità
nemmeno di protestare, per lo meno in Colombia. Il 12 ottobre si festeggia la
scoperta dell’America e, da qualche anno, i sopravvissuti protestano contro i
soprusi che hanno subito e che continuano a subire in quello che è un incubo che
dura ormai da mezzo secolo e che non sembra voler finire.
In Colombia gli indigeni sono stati massacrati fino a rappresentare oggi solo
il 2 percento della popolazione. Eppure è un 2 percento ben organizzato, una popolazione
stanca di subire, che ha una forza morale grande in questo Paese che combatte
contro le contraddizioni delle politiche neo-liberali.
Una voce che la gente ascolta, rispetta, perché viene da una saggezza antica,
da sofferenze secolari, da una rettitudine difficile da non riconoscere.
I loro "no". Un anno fa, una manifestazione imponente di 60mila persone ha solcato la cocente
terra del sud del Paese per arrivare a Cali e gridare il suo "no" al governo di
Uribe, al trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, alla legge che questo
governo stava varando e che decretava l’impunità per i paramilitari tanto vicini
al presidente Uribe e responsabili di alcuni dei crimini più atroci che ha vissuto
il sub continente latino americano. "No" alla legge sulla rielezione che permetterebbe
al presidente in carica di essere rieletto per un secondo mandato.
Uribe cercò di bloccare quella manifestazione, la Minga Indigena, in ogni modo, con ogni tipo di minaccia, ma non ci riuscì e i 60mila arrivarono
a Cali dove ad aspettarli per applaudirli c’erano tanti cittadini comuni, bambini
con i loro maestri, studenti universitari, sindacati e migliaia di altre persone.
Li accolsero battendo le mani a vecchietti che sfidando il sole, i chilometri
e l’età erano arrivati alla città a gridare i loro no.
Quest’anno lo scenario si è ripetuto. Una nuova
Minga Indigena contro il governo di Uribe, nuove minacce, la proibizione a marciare e poi l’attacco
vile degli squadroni, il corpo di polizia dell’Esmad, già responsabile di tante
morti, come quella di Nicolas, 14 anni, ucciso il primo maggio a Bogota e di Jhony
Silva, studente di chimica 21enne, raggiunto da una pallottola alla testa tre
settimane fa durante una dura repressione contro gli studenti di Cali. Ieri gli
uomini dell'Esmad sono stati responsabili della morte di Marcos Soto, un indigeno
che con 30mila compagni voleva sfilare fino alla città di Manizales per protestare
contro questo governo e contro 500 anni di oppressione. Ma questo in Colombia
ancora non si può fare.