12/11/2005versione stampabilestampainvia paginainvia



Intervista a Mohaqiq, ex signore della guerra leader degli hazara sciiti, ora parlamentare
Haji Mohammed Mohaqiq (Foto E.Piovesana)Durante la guerra civile che ha insanguinato l'Afghanistan negli anni '90 - dal ritiro dell'Armata Rossa all'avvento dei talebani - la minoranza hazara sciita combatteva sotto la guida di Abdul Ali Mazari, fondatore e leader del partito hazara filo-iraniano Hezb-e-Wahdat, catturato e torturato a morte dai talebani nel 1996. Gli successe il suo comandante militare, Haji Mohammed Mohaqiq, che combatté i talebani sul fronte di Mazar-e-Sharif a fianco del famigerato generale Abdul Rashid Dostum, leader dei mujaheddin uzbechi, e del famoso Ahmad Shah Massud, che comandava quelli tagichi. Assieme formarono l'Alleanza del Nord, che poi combatterà a fianco degli americani. Gli uomini al comando di Mohaqiq, e non solo i suoi, compirono orribili atrocità verso il nemico e si macchiarono dei peggiori crimini di guerra: prigionieri giustiziati in massa, villaggi saccheggiati e dati alle fiamme, donne violentate.
Dopo la caduta del regime talebano, Mohaqiq, rimasto alla guida dell'Hezb-e-Wahdat, è entrato come ministro della Pianificazione nel governo provvisorio di Hamid Karzai, per poi uscirne e sfidarlo alle elezioni presidenziali dell'ottobre 2004, piazzandosi terzo con l'11 per cento, dietro al vincitore e al leader tagico Yunus Qanuni.
Alle elezioni parlamentari del 18 settembre Mohaqiq ha avuto la sua rivincita: è stato il candidato più votato di tutto l’Afghanistan.
 
 
Dal nostro inviato
Enrico Piovesana 
 
 
L'ingresso della casa di Mohaqiq (Foto E.Piovesana)Mohaqiq ci riceve nella sua lussuosa residenza di Kabul, protetta da un cancello blindato e da guardie armate di kalashnikov. All'entrata c'è un drappo nero appeso sopra i manifestini elettorali di Ashraf Ramazan, il candidato hazara dell'Hezb-e-Wahdat presentatosi nella provincia di Mazar-e-Sharif e assassinato pochi giorni dopo il voto. Secondo le rabbiose folle hazara scese in piazza qui a Kabul e a Mazar, il mandante è il governatore tagico di quella provincia, l'ex comandante Mohammad Ustad Atta.
Attraversando il cortile, dove troneggiano una grande Cadillac nera e un Mercedes di grossa cilindrata, entriamo nella stanza dei ricevimenti. Mohaqiq, è vestito come in tutti i suoi ritratti pubblici: mantella marrone e turbante grigioverde a righe, tenuto indietro sulla testa.
 
Lei risulta il candidato più votato alle ultime elezioni. Come spiega questo suo successo, sorprendente soprattutto se confrontato con il suo piazzamento alle presidenziali?
“Non è sorprendente. Mi sono presentato nella provincia di Kabul dove vivono moltissimi hazara: costituiscono un terzo della popolazione della capitale e un quarto di quella della provincia. Inoltre sono stato votato anche da molti elettori tagichi e pashtun che evidentemente hanno preferito me ai loro candidati”.
 
Mohaqiq (Foto E.Piovesana)Secondo molti osservatori internazionali il risultato delle elezioni è deludente perché a vincere sono stati signori della guerra, ex comandanti mujaheddin e talebani, insomma criminali di guerra. Cosa ne pensa?
“Questi commenti sono un insulto verso il popolo afghano, che ha tutto il diritto di scegliersi i rappresentanti che vuole e che ha tutte le capacità per saper distinguere quali sono le persone che hanno dimostrato di meritare la loro fiducia. Questa è bassa propaganda diffusa da chi non è stato votato dalla gente. Tra questi ci sono anche molti di quei candidati che fino a ieri erano degli sconosciuti, che stavano all'estero da anni, e che sono tornati solo per chiedere voti sperando nei loro appoggi internazionali”.
 
In queste elezioni non c'erano partiti né schieramenti politici che si fronteggiavano: c'erano solo candidati individuali. Com'è possibile dire chi ha vinto e chi ha perso?
“E' vero che i partiti non potevano comparire nella campagna elettorale e nelle schede. Ma è altrettanto vero che la maggior parte dei candidati, salvo quelli che si sono presentati come indipendenti, erano affiliati ai diversi partiti afghani, e molti partiti sono raggruppati in alleanze più o meno formali. Ancora è presto per tirare le somme, ma quando il nuovo parlamento si riunirà sarà facile capire, in base alle appartenenze e alle alleanze, quali saranno i gruppi più numerosi e quindi potenti. Per esempio il nostro partito, l'Hizb-e-Wahdat, dovrebbe riuscire a mandare in parlamento una trentina di candidati. Questi, sommati a un'altra decina di candidati eletti di altri partiti hazara, formeranno un gruppo compatto di parlamentari hazara”.
 
Quindi significa che l'unica chiave di lettura per capire la composizione del futuro parlamento sarà di carattere etnico?
“E' ovvio che, per esempio, sulle leggi che riguarderanno la minoranza hazara, i parlamentari hazara voteranno compatti. Ma su altri temi di carattere nazionale ci potranno essere, di volta in volta, convergenze e divergenze trasversali in base alle opinioni personali dei singoli parlamentari. Spero che sui problemi più importanti e urgenti del nostro Paese il parlamento saprà essere unito per fare buone leggi e per lavorare insieme al nostro governo in nome dell'interesse nazionale”.
 
La Cadillac di Mohaqiq (Foto E.Piovesana)Per lei personalmente, come futuro parlamentare, quali sono le priorità che cercherà di portare avanti con il lavoro legislativo? E quale sarà il suo impegno per la minoranza hazara?
“Chiaramente il bene della comunità hazara mi sta molto a cuore, perché la nostra è la popolazione che più ha sofferto nella storia di questo Paese. Quindi ritengo più che legittimo, per un principio di riequilibrio e compensazione, riservare particolare attenzione ai problemi degli afghani hazara. Solo così, senza lasciare indietro nessuno, l'Afghanistan potrà essere ricostruito e sviluppato in maniera equa e bilanciata. Questa è a sua volta la precondizione per garantire la pace tra le diverse popolazioni del Paese, pace che ovviamente va tutelata anche attraverso una seria politica di sicurezza e di disarmo delle milizie private. Quest’ultima cosa, infine, non può prescindere da un forte impegno, che fino ad ora è mancato, per sradicare la coltivazione, il commercio e la raffinazione dell'oppio, principale risorsa finanziaria di queste milizie”.
 
Queste elezioni sono state caratterizzate da bassissima affluenza e da diffuse irregolarità: gente che ha votato più volte per lo stesso candidato grazie a tessere multiple e all'inchiostro non indelebile, centinaia di urne sostituite con altre piene di schede prevotate. Qual è il suo giudizio?
“Innanzitutto penso che il governo e il Jemb abbiano mentito sul dato dell'affluenza. Hanno dichiarato che il 53 percento degli aventi diritto sono andati alle urne. Ma vi assicuro che l'affluenza non ha superato i 35-40 percento. Per quanto riguarda la regolarità del voto, beh, sappiamo tutti che ci sono stati parecchi problemi, soprattutto nelle province del sud del Paese. Ma si è trattato di brogli localizzati, non organizzati o organizzati su piccola scala. Nulla di confrontabile con quello che è successo alle elezioni presidenziali dello scorso ottobre: allora fu il governo stesso a organizzare e gestire i brogli in maniera tale da garantire la vittoria di Karzai”.
 
Mohaqiq (Foto E.Piovesana)Qual è invece il suo giudizio politico su questo voto? Secondo molti si è trattato solo di una messa in scena organizzata dagli Stati Uniti per dimostrare che sono venuti qui in Afghanistan per portare la democrazia. Secondo lei?
“Secondo me non è così. Certo, non basta un'elezione perché in un Paese ci sia democrazia. Ma questo voto è stato un importante passo nella direzione giusta. Il governo Karzai, in nome della democrazia, ha agito poco e male da quando è al potere. Questo è il motivo per cui molti afghani sono già delusi dalla democrazia e non sono andati a votare. Ma proprio questo è anche il motivo per cui invece è importante avere un parlamento che si affianchi al governo per lavorare veramente nell'interesse del Paese”.
 
A proposito di Stati Uniti: cosa pensa della loro presenza militare in Afghanistan?
“Bisogna fare una distinzione. Se si parla delle presenza del contingente internazionale dell'Isaf, nessuno con un minimo di senso politico può mettere in dubbio il fatto che non possiamo ancora farne a meno, dato che per ora non siamo in grado di garantirci da soli la nostra sicurezza. Se invece si parla di truppe Usa, il discorso è diverso e ognuno ha la sua opinione in merito. Penso che uno dei compiti del futuro parlamento sarà proprio quello di discutere questo delicato argomento e di prendere una decisione chiara sulla permanenza o meno delle basi Usa in Afghanistan dopo la definitiva sconfitta della resistenza talebana”.
Categoria: Elezioni, Guerra
Luogo: Afghanistan
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